lunedì 6 luglio 2015

Disforia del nome





Lucia Gaddo Zanovello:
oltre le delimitazioni e le illusioni  dei nomi e delle forme
di Bonifacio Vincenzi



In una composizione teatrale di Kantor gli attori reggono ciascuno un pupazzo inerte. Una delle attrici si mette a ballare un valzerino grottesco, i pupazzi cominciano a seguirla e ben presto è come se essi muovessero gli attori; così gli uomini si fanno trasportare dalle loro biografie.
Questa immagine significativa è stata scelta anche  da Elémire Zolla per sottolineare che la storia personale di ognuno di noi c’entra poco con la pura musicalità dell’essere, che non è certo una pluralità di enti – per usare una parola cara a Zolla – e niente ha a che fare con le delimitazioni e le illusioni legate ai nomi e alle forme.
“Su tutto ciò che entra – scrive ancora Elémire Zolla -  nel mondo dei nomi e delle forme, un nome è inflitto, una forma imposta,  ma se l’orecchio interiore presta ascolto alla melodia segreta, alla pura musicalità dell’essere, si è liberi interiormente, quali che siano  le maschere sociali via via indossate. Non si è le varie persone successivamente interpretate, sotto la maschera si rimane senza volto, si è un vuoto risonante, una cassa armonica. Una mente ottusa e secolare reprime questa interiore musicalità: la maschera mondana diventa la pelle del viso. Allora l’idea che essa possa esserci strappata, getta nel terrore.”
Leggendo con attenzione Disforia del nome di Lucia Gaddo Zanovello, la raccolta di poesia edita da Biblioteca dei Leoni Edizioni, - vincitrice, tra l’altro, del Premio Letterario Nazionale di Calabria e Basilicata 2014, - non possiamo non sentire dentro di noi quella melodia segreta della quale parla il filosofo. Pur sapendo, come giustamente avverte l’autrice nella nota di apertura che “ non sempre e quasi mai la vita è storia a lieto fine, ma di certo e comunque è finestra aperta giorno e notte, invetriata luminosa che resta prodigiosamente spalancata sullo stupore.”
Bisognerebbe soltanto imparare a vivere la vita come gli innamorati quando si disperdono nei loro sguardi d’amore o come gli artisti o i poeti quando sono in preda al sacro fuoco dell’ispirazione. Se il tempo è la misura del movimento, in quei momenti, quando si smette di misurarlo, non esiste. Tanto che innamorati, artisti e poeti spesso esclamano, con sguardo sognante: ho perso la cognizione del tempo e dello spazio!
La vita, però, è soggiogata costantemente  alla psiche legata al suo passato, protesa al suo futuro. Così facendo oscura il qui adesso che non si misura. E di questo ne era persuasa quella poetessa straordinaria che era Emily Dickinson:
Sempre/ È fatto di tanti adesso,/Non è un diverso tempo,/ Salvo per la sua infinità/ e per l’estensione della sua casa.
Ma, si legge ancora nella nota di apertura di Lucia Gaddo Zanovello, “ il territorio dell’anima è instabile zattera immersa nell’avventura mozzafiato di vivere” e non c’è da sorprendersi se poi “nomi che furono sorrisi/giacciono nel riverbero/ di sangue e carne/ che fioriscono i secoli dei libri …”
La sosta crucciata e penosa sulle cose ci inchioda alla molteplicità tormentosa del mondo. Alla semplice affermazione dell’io sono, si preferisce sottolineare io sono questo … io sono quello. È così che ci si allontana dall’essere.
La pura gioia si percepisce qualche rara volta nel corso di una vita ed accade nel momento in cui, per un attimo, l’io e l’essere si confondono …  abita qui / l’alba che resuscita/ il telo d’incoscienza/ che ricopre il giorno appena nato
Disforia del nome  di Lucia Gaddo Zanovello è un libro poeticamente bellissimo e profondo. La parola porta il tocco ispirato attinto dalla profondità dell’anima. Non può lasciare indifferente nessuno. Viene dalla vera Vita, quella che noi, quotidianamente, oscuriamo.


Nessun commento: