Piera Mattei:
il cibo nell’arte
della scrittura
di
Bonifacio Vincenzi
Questo interessante libro
di Piera Mattei, Cibus, (Gattomerlino)
merita la nostra attenzione per almeno due motivi. Il primo perché è uno
splendido esempio di arte letteraria: è, infatti, una dissertazione dotta sulla
poesia del cibo e della fitta trama dei suoi significati simbolici. Il secondo,
perché la nascita di questo libro, a mio
avviso, non può non essere legata, in qualche modo, al particolare effetto Expo Milano 2015 e il suo tema dominante: nutrire il pianeta, energia per la vita.
Da qui, è inevitabile una
breve riflessione su alcuni paradossi del nostro amato pianeta. Da una parte
circa novecento milioni di persone patiscono la fame; dall’altra sono in
vertiginoso aumento ogni anno il numero
di decessi per malattie legate al problema dell’obesità e del sovrappeso. A
questo si aggiunga che ormai si comincia a parlare di miliardi di tonnellate di
cibo sprecato ogni anno che buttiamo nei bidoni dell’immondizia, e ce ne sarebbe già abbastanza per cominciare a
veder traballare il nostro concetto di umanità.
Ma non è di questo che ci
dobbiamo occupare. Il libro della Mattei parla di parole, della materia prima
della scrittura. Parte dal vocabolario ed è già avvincente ciò che ne viene
fuori…
“Cibo dal latino cibus. E qui ci fermiamo. Si tratta di
una di quelle parole che definiremmo “prime”, come quei numeri che resistono a
ogni ulteriore scomposizione. Nella sua neutralità non ammette sinonimi, perché
alimento o nutrimento richiamano (come i verbi alo e nutrio da cui
derivano) un atteggiamento affettivo tra madre e figlio, tra piccolo e grande,
in tutto il mondo animale; poi anche da colto a ignorante, da giovane a saggio,
nell’ambito esclusivamente umano e culturale. Cibo invece, nella sua valenza
biologica e fisica insieme, è parola lontana da ogni commozione: definisce la
materia organica che l’animale consuma per continuare il ciclo della vita.
Cibo, se usato senza aggettivazione, è entità necessaria e potente, benché
passiva nell’atto di essere consumata.”
Inoltrandoci più in là, la
scrittura di Piera Mattei segue itinerari letterari soffermandosi spesso nell’epoca
classica dove i riferimenti attinenti alla tavola sono davvero numerosi. Non
mancano, infatti, richiami a Orazio, Petronio, Ovidio, tanto per citare solo
alcuni nomi.
Ma c’è nel libro anche un
intero capitolo dedicato ad una scrittrice più vicina ai nostri tempi: Dacia
Maraini. Il capitolo si intitola “Eros e cibo nella poesia di Dacia Maraini” ed
è un viaggio nella poesia, appunto, della Maraini che sicuramente è stata
oscurata dalla forza espressiva e la notorietà dei suoi romanzi ma che, nell’ambito
di questo approfondimento, spesso, nella sua poesia “ la cucina diventa
metafora di rapporti che non conoscono o non sopportano la mediazione
razionale.”
E, sempre seguendo questa
scia della poesia del novecento, ad un certo punto Piera Mattei cita poeti come
Clemente Rebora, soffermandosi, però, particolarmente, sulla poesia di Aldo
Palazzeschi, dove il tema della cena
viene trattato con ironia e una certa dose di pazzia, “in un crescendo
di disagio conviviale e gaffes surreali.”
Il libro della Mattei si
conclude con il racconto “Pollo, il candido” che parla delle ossessive
riflessioni di un pollo su una sconcertante affermazione di una elegante signora
che dice di non mangiare nessun tipo di carne se non quella di pollo, di cui
non riesce ad avere veramente pietà, ritenendolo stupido.
In verità la Mattei ha una
particolare simpatia per questo uccello domestico avendogli dedicato ben tre
capitoli del libro, lamentando il fatto che “ di tutti gli animali che
diventano cibo dell’uomo (occidentale) il pollo è l’unico che, almeno fino ai
tempi recenti, non è stato nobilitato in poesia.” Il motivo? C’è un solo modo
per saperlo ed è quello di acquistare e leggere questo piacevolissimo libro di
Piera Mattei.
Immagini in ordine di
apparizione: copertina del libro, foto di Piera Mattei, Alberto Sordi nella famosa scena di un film, foto
di Dacia Maraini.
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