Aurora Stella:
il mistero e le
paure
di Bonifacio Vincenzi
“Le tradizioni sono tradizioni. E le tradizioni vanno
rispettate. Se tuo nonno fece gli scout, tuo padre pure, anche tu farai gli
scout. Quando siederai intorno al fuoco, prima o poi, finirai per ascoltare
prima, e raccontare poi, storie dell’orrore.”
Questo è in pratica l’inizio de “I vapori dell’inferno”, la
prima storia che Aurora Stella racconta nel suo E vissero? – Fiabe horror e dintorni, edito da Panesi.
Il libro non poteva iniziare diversamente considerando che
lei, come più volte ha dichiarato, è una seguace di Sir Robert Stephenson Smyth Lord Baden-Powell, Primo Barone Baden-Powell
di Gilwell. Il nome già un brivido alla schiena, considerando l’argomento
trattato, lo fa sentire. Ma si tratta solo di un effetto collaterale del coinvolgimento
emotivo, perché il signore in questione non è un personaggio di Mary Shelley,
di Poe o di Lovecraft, ma il fondatore
del movimento scout. E il suo pensiero non era affatto oscuro ma piuttosto
chiaro e ancora straordinariamente attuale. In fondo lui, contrariamente agli
uomini del nostro tempo, voleva lasciare il mondo migliore di come lo aveva
trovato.
Gli scout in questo caso c’entrano, come puntualmente l’autrice
avverte i suoi lettori nella premessa al libro, perché, quando scendeva la notte
il loro divertimento maggiore era quello di riunirsi intorno al fuoco e
raccontare storie lugubri dove, dal mistero, la paura veniva fuori ed era quasi
piacevole cercare di scacciarla con una risata, magari un po’ nervosa.
A parte questo, è risaputo, che non solo scrittori come
Stephen King o registi come Dario Argento, tanto per fare dei nomi, ma tutti
coloro che abbracciano e amano il genere horror, hanno, nella loro scelta, come motivazione principale quella di
esorcizzare le proprie paure. E a questa regola non sfugge neppure la Stella.
Scout, paura, incubi. Tre parole chiavi che svelano in parte
l’antefatto genetico di questi “racconti del terrore” di una scrittrice di
razza come Aurora Stella. Charles Bukowski scriveva che la differenza tra un buon poeta e un cattivo
poeta è la fortuna. Stessa regola vale per i narratori. E se questa scrittrice
non è ancora conosciuta da un vastissimo pubblico è solo per questo particolare
fattore e non certo per i suoi mezzi narrativi che sono davvero notevoli.
E se è vero che “non c’è niente di nuovo sotto il sole”,
come saggiamente scrive l’autrice citando Qhoelet, è altrettanto vero che nel
suo particolare mondo, sospeso tra realtà e sogno, la casa delle sue paure ha
una porta socchiusa e scricchiolante, dove ogni lettore potrà introdursi per
offrire a se stesso lo spettacolo di sé, delle sue e altrui paure.
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