mercoledì 13 luglio 2016

Al museo delle relazioni interrotte





Visita al museo dell’anima di Mia Lecomte
di Bonifacio Vincenzi

Eccoci qui, Al museo delle relazioni interrotte di Mia Lecomte : un libro di poesie edito da LietoColle. E come tutti i buoni libri di poesia cerca di mostrare un suo procedimento interno indipendente, dando al lettore la possibilità di aderire a un significato anche diverso da quello eventualmente fissato dall’autrice. 
Miracolo della scrittura poetica. Il poeta non è mai l’ultimo a parlare, ma il primo, e non c’è nota introduttiva che lo salvi, i viaggiatori dello sguardo lasciano quasi sempre la strada maestra, avventurandosi per sentieri intimi, procedendo per collisioni, sfioramenti, contaminazioni, generando nuclei immaginativi che spesso si staccano dal contesto e funzionano secondo le regole temporanee dettate dal susseguirsi degli stati d’animo.

Ma la nota iniziale della Lecomte che cerca di spingere il lettore verso la strada maestra del testo, in realtà, è solo un pretesto per liberare da ogni vincolo il rapporto con il lettore. Scrive:

“I luoghi tra parentesi, indicati in relazione ai testi, non sono quelli della scrittura – che avviene sempre altrove, in uno spazio non delimitabile geograficamente – ma quelli dove si è acceso lo spunto, sollecitato da un presunto accadere. Non riguardano alcun tipo di radicamento, non sono traducibili in una cartografia. Sono solo piccole tracce lasciate per segnalare il posarsi, sempre effimero, di un certo pensiero legato alla più ordinaria quotidianità, il provvisorio succedersi dei cerchi sulla superficie dell’acqua allo sfiorare del sasso.”

Da qui il posto preciso, il luogo fisso, i perimetri certi delle geometrie del piano scompaiono, così le condizioni di stabilità e determinazione del flusso creativo.
Ma, attenzione, bisogna sempre diffidare dei poeti, hanno dentro una magica impostura, sono, in altri termini, per dirla con Pessoa, degli irriducibili fingitori per il semplice fatto che il processo stesso della creazione attraversa vari piani (mentale, emozionale, inconscio …),  contaminandosi,  e nella tessitura la magia del caso sollecita sempre nuove visioni e soluzioni.

“Il fatto è – scriveva Foucault – che i confini di un libro non sono mai netti né rigorosamente delimitati: al di là del titolo, delle prime righe e del punto finale, al di là della sua configurazione interna e della forma che lo rende autonomo, esso si trova preso in un sistema di rimandi: il nodo di un reticolo.”

Mai districarsi da questo nodo, e, nel caso specifico, accogliendo pienamente le indicazioni del titolo, prepariamoci, dunque, a visitarlo questo museo multimediale dell’anima dove si proiettano in continuazione immagini dei luoghi di una poetessa girovaga (Parigi, Roma, Londra, Viareggio, Marsala, Müstair, Lugano, Palermo, Zurigo, Napoli, Lucca, Milano …).  Luoghi che, probabilmente, raccontano altro allo sguardo, e dove  la promessa della parola silenziosa, oscura oscilla, in un suo autonomo disporsi, già viva altrove, in attesa del prodigio della Poesia:

Sono gli oggetti che ci hanno seguiti fin qua/ che ci appartengono senza averli mai scelti/ tu conti le medaglie impagliate/ tu annodi il vincastro di fumo/ tu lucidi il soldatino travestito da mago/ io sciolgo nell’urna la caramella al veleno/ io mescolo i cubi del pallottoliere/ io vesto la bambola tutta riccioli e ossa/ di questi ne abbiamo a migliaia/ non li riconosciamo e ce li vorremmo scambiare/ ma tu sei così solo che ti meravigli del caos/ io sono semplice e ripongo con cura ogni cosa” ( Indizi ( Paris, Cité de Trevise)

Migliaia di indizi a sollecitare intuizioni appesantite dal nerume quotidiano dove la vita di dentro e quella di fuori non comunicano quasi mai.  Ognuno di noi recita l’impossibilità di ritrovarsi in un incanto senza pesi e dove il tempo riposa. Alla fine siamo, paradossalmente, degli attori non protagonisti nel grande teatro della  nostra stessa vita:

I morti ci festeggiano nel giorno dei morti/ Hanno scelto la stessa occasione che li riunisce porta il loro nome/ festeggiano mentre noi procediamo/ per tombe, omelie infioriamo il ricordo/ I morti che sanno del giorno dei morti/ ricambiano con un eguale raduno/ si attengono ai dettagli più semplici/ in un certo modo più rispettosi dei ruoli/ pietose le loro voci si perdono a volte/ ma a volte si fanno a tal punto reciproche/ che ci vediamo costretti a sorprenderci/ noi ci vediamo costretti a difenderci” (Rituali (Roma, Cimitero acattolici).
La poesia di Mia Lecomte non indietreggia  mai verso la profondità. La morte, unica via d’uscita al tempo,  qui è vista come esempio di una reciprocità capace ancora di sorprendere, ormai quasi totalmente sconosciuta ai vivi.


venerdì 8 luglio 2016

Di notte a Gerusalemme





 La poesia di Enzo Cordasco:
Gerusalemme, un Luogo geniale capace di nutrire la vita interiore
di Bonifacio Vincenzi

Se è vero che la poesia riunifica, in sostanza,  spesso quegli ambiti del sapere universale, quello religioso e quello naturale, è altrettanto vero che il Tutto di un’anima può essere percepito o colto soltanto nel grondante e trepido silenzio di una inattesa ed oscura rivelazione …

“Anni fa andai a Gerusalemme, un viaggio desiderato e sognato da molto tempo. Dalla hall dell’albergo Mount Zyon, da una piccola vetrata, mi appariva la magica immagine notturna della Città Vecchia, le sue mura, i suoi colori dorati, le Torri, la valle di Josafat. Ogni sera, prima di andare a letto e fino a notte inoltrata, mi piaceva stare solo davanti a questa vetrata dove la mia mente e la mia fantasia – come in trance davanti a questa città d’oro, di rame e di luce, l’omphalos, l’Umbilicus mundi –si misero a vagare da cielo a cielo, da spirito a carne, da ragione a sentimento, da possessione estatica a riflessione sul sacro (e sul profano).”

È quello che scrive Enzo Cordasco in una breve nota alla sua raccolta di poesie Di notte a Gerusalemme  edita recentemente da LietoColle. Ed è una nota importante perché rivela, in una simultaneità inspiegabile, una meraviglia pura dove il passato, il presente e il futuro, si riuniscono, attraverso il calore di uno sguardo, in una  emozione che cercando un approdo, un senso, una sopravvivenza, poteva trovarla soltanto nella poesia …

“(…) I secoli danzano attorno a questo paesaggio di caldo/ opprimente/ con ore di luce e di buio ben distribuite armoniosamente// accolgono tra musica e silenzio l’elevazione di un salmo calmo/ mentre la notte cala sfogliando pagine mai sgualcite dall’oblio// Città mirabile o terrifica che fai indovinare il destino d’ognuno/ tra le tue pianure di creta fiuto l’odore della mia strana/ geografia (Saint Peter Fish)


Cordasco vuole vedere, indagare, penetrare il Luogo del suo sentire partendo da qualcosa che già c’è, da una verità che passa e ripassa senza essere mai colta. È anche vero che l’aspetto religioso in lui tende ad esprimersi attraverso un acuto travaglio intellettuale che gli permette di accordare la sua coscienza armoniosamente all’inconscio. Il viaggio a volte è tranquillo, altre volte burrascoso.

D’altronde, l’esistenza è inafferrabile, si è spinti in una compressione del tempo dove la scomparsa rivendica l’attesa di un ritorno. Non è la felicità che si vuole ma il desiderio di raggiungerla perpetuato fino alla fine dei giorni ...

Che il tempo curerà le mie ferite/ è una sciocca ingenua superstizione// non si rimarginano le malinconie furibonde/ e l’anno prossimo una lucida febbre saluterà le piaghe// mi sarebbe piaciuto far entrare l’alba// dopo una notte di chiacchiera tranquilla// per fortuna il tempo splende angusto e monotono/ in questa città stregata di pianto e di gelo” (Far entrare l’alba)
Gerusalemme, alla fine, è un luogo geniale capace di nutrire la vita interiore e Cordasco un ricercatore spirituale disincantato che cerca di colmare di senso una mancanza che sopravvive anche al tempo che si consuma.



giovedì 7 luglio 2016

Per un fantasma intimo e segreto




 “Per un fantasma intimo e segreto” di Juana Bignozzi
Poesie scelte (1967 - 2014) dalle raccolte della grande poetessa argentina
di Bonifacio Vincenzi

LietoColle ha pubblicato l’antologia poetica Per un fantasma intimo e segreto della poetessa Juana Bignozzi che attinge alle raccolte pubblicate tra il 1967 e 2014, a cominciare da Mujer de un certo orden, per finire con Las poetas visitan a Andrea del Sarto. La traduzione è stata affidata a Stefano Bernardinelli. L’uscita di questo libro in Italia ha coinciso, con la notizia, purtroppo, dell’improvvisa scomparsa della grande poetessa argentina, avvenuta nell’agosto del 2015.

Nel 1959, all’età di 22 anni, Juana Bignozzi entrava a far parte dell’associazione di giovani poeti El Pan Duro, fondata da Juan Gelman, che prevedeva l’autopubblicazione e gli interventi nelle strade dei quartieri operai, nelle mense o nei teatri. L’attività de El Pan Duro  durò circa un decennio  e di sicuro rappresentò la massima espressione della poesia politica argentina di quel tempo.

C’è da dire, però, che la poesia di Juana Bignozzi era troppo raffinata per confondersi con quella poesia popolare e di esplicita propaganda espressa dai militanti de El Pan Duro. La stessa poetessa ci teneva a rimarcare la  sottile differenza tra la poesia politica in senso stretto e la poesia ideologica, (la sua),  fondata sugli ideali a lei trasmessi da genitori anarchici divenuti comunisti negli anni del peronismo.

Nel 1974 la Bignozzi si era trasferita insieme al marito a Barcellona, un esilio prima politico, poi  proseguito per ragioni economiche considerando che la sua attività di traduttrice dall’italiano e dal francese le permetteva di guadagnarsi da vivere.


L’autoritratto poetico di Juana Bignozzi è tracciato tutto in questi versi:

la mia vita è un decorso di cerimonie incompiute/non ho seppellito i miei genitori/non ho avuto figli/non ho davanti a me un abisso nel quale perdere la mia vita/non sono passata dalla casa di un uomo a quella di un altro//in silenzio quello vero/che mi sostiene dietro a tanto rumore/preparo un’eternità/ questa foto scattata dall’amicizia /dei tuoi occhi /la cerimonia non fallita della mia vita/dirà sempre ch’ero viva in un luogo che amavo” (Una foto del momento)

“ Il tema delle origini, – come si legge nella prefazione di Bernardinelli -  delle figure dei genitori e dei “miti” e dagli ideali da essi trasmessi all’unica figlia, è presente in tutta l’opera della poetessa argentina, e dialoga di continuo con quello della lontananza dalla terra natale e dall’amata Buenos Aires.”

Forse la particolarità di questa straordinaria poetessa era proprio questa sua fedeltà verso un mondo che si portava dentro intatto, eternamente vivo nel silenzio di una poesia capace di recuperare per lei ciò che non aveva potuto fare a meno di perdere.


mercoledì 6 luglio 2016

Il mondo dopo il circo



Il recupero della memoria nel romanzo di Gregorio Marrazzo
di Bonifacio Vincenzi

Poche settimane fa è uscito il romanzo di Gregorio Marrazzo, Il mondo dopo il circo edito da Aljon Editrice, nella prestigiosa collana “Il mirto e il lentisco”. Marrazzo intrecciando  affabulazione e recupero della memoria, ha voluto rielaborare un suo vissuto cercando, attraverso i personaggi di questo romanzo, una nuova consistenza psicologica dando così a se stesso la possibilità  di immergersi nella magia di un passato mai dimenticato.

La misura nell’evocazione degli ambienti, la forza nella caratterizzazione di personaggi come Salvatore e Annuzza fanno di questo libro un’occasione importante per cogliere alcuni aspetti di una realtà meridionale mai tenera con i sogni e le speranze …

Le due donne erano sedute tra l’erbetta e i fiorellini e si rassettavano reciprocamente i capelli, la brezza li accarezzava. Parlavano di Salvatore. Annuzza raccontava a Djamila del loro fidanzamento durato sette anni, di come si conoscessero da quando erano ragazzini e di come era già tutto pronto per il matrimonio.
“Ti dispiace molto che sia andata così?”, le chiese Djamila.
Annuzza esitò un attimo prima di rispondere, poi ridendo disse di no, che non le dispiaceva. Rise anche Djamila.
“Se vuoi sapere se mi è rimasta un po’ di delusione, beh, all’inizio sì, c’è stata, quando ho saputo che si era sposato con quell’altra. Ma poi ho preso quella delusione e le ho chiesto cosa volesse da me. Forse, che non mi sposavo più con quell’uomo che è diventato una specie di demonio?Te la immagini che vita sarebbe stata? Certamente non quella che io avrei desiderato. O meglio, forse, è la vita che io adesso non desidererei. Fino a ieri non mi ponevo troppe questioni, l’importante era sposarsi perché lo fanno tutte, fare subito dei figli e crescerli, avendo cura di trasmettere loro lo stesso modo di pensare.”
“Adesso non la pensi più così?” le chiese Djamila.
“No, adesso la penso diversamente, voglio fare altro, non so ancora precisamente cosa, ma mi sto movendo in una direzione che sento essere mia, stando con voi sto imparando davvero tanto su cosa sia scegliere con la propria testa.”
I personaggi di Marrazzo rivendicano il loro diritto di vivere la propria vita. Annuzza tentando di percorrere una strada piena di insidie e di scoperte ma che sente essenzialmente sua; Salvatore, invece, vuole la vita che vogliono tutti, piena di ricchezze, potere, e tanto altro.


Marrazzo, insomma, si rivela un osservatore acuto dell’animo umano e un narratore capace di colpire il cuore e l’intelligenza del lettore.