“Coppie minime”,
la nuova raccolta di poesie di Giulia
Martini
di
Bonifacio Vincenzi
“I confini di un libro non sono mai netti né rigorosamente
delimitati: al di là del titolo, delle prime righe e del punto finale, al di là
della sua configurazione interna e della forma che lo rende autonomo, esso si
trova preso in un sistema di rimandi ad altri libri, ad altri testi, ad altre
frasi: il nodo di un reticolo. (…) È inutile che il libro si dia come un oggetto
che si ha sottomano; è inutile che si rannicchi in quel piccolo parallelepipedo
che lo racchiude: la sua unità è relativa e variabile. Perde la sua evidenza
non appena lo si interroga; incomincia indicarsi e a costruirsi soltanto a
partire da un campo complesso di un discorso.”
Si può partire proprio da Michel Foucault, da questo bel giro di spirale
per cercare di circoscrivere un’idea, una sensazione, finanche una invenzione e
accogliere questo libro di Giulia Martini, Coppie minime (Interno Poesia, 2018).
La poesia, certo. Ciò che viene e ciò che si nasconde
nel mistero di ogni verso forse è un dialogo variabile, più vicino al desiderio
che al concetto o viceversa. Tutto questo per rincorrere l’itinerario di un
senso che può prendere forma soltanto in rappresentazioni, immagini, metafore.
Conviene però chiudere il campo alle possibili,
inevitabili domande. Non avrebbero senso. In fondo, ha ragione Jabès quando
scrive che “lo scritto è, nella scrittura, l’avvenimento che non avrà luogo:
alba nata morta.”
Nel palinsesto della sua sopravvivenza Giulia Martini
lavora al nodo del reticolo in attesa di tutto ciò che scorre sotto l’istante;
ne vengono fuori verità segrete che non rincorrono mai la luce, mai qualcosa
per cui varrebbe la pena riflettere: usa la parola per catturare frammenti e legarli
a un suono, a un ritmo. La mirabile bellezza è in questa danza di rimandi dove
la vita reale (ma esiste una vita reale?) si confonde con una vita di carta e
di inchiostro. In questo percorso si delineeranno un certo numero di sganciamenti
dove felicità e infelicità si disperdono nell’eco di una parola che sa deridere
il dolore, la mancanza e tutto il resto che non si vorrebbe ricordare ma che
puntualmente ritorna per fare male.
Da questo gioco cantato (a volte anche vagamente
ballato) nasce la forza, la bellezza, la magia della poesia di Giulia Martini,
una delle voci più autentiche della giovane poesia italiana.
Tre poesie tratte da Coppie minime:
Eccoti
disordinata ai venti
cinque
anni di vita. A volte eccedi
nell’uso
del si impersonale.
Si
dice che dispari ai quattro venti:
Thonon-les-Bains,
un piatto di asparagi,
nelle
reti delle Alpi Retiche –
e che
rimani sempre sul fondo.
Sul
fondo scuro e denso di caffè
di
una tazzina di porcellana.
*
Io
rime, tu rimedi.
Tu
vai verso quello che credi,
io
verso quello che rimane.
*
L’occasione
era un sacchetto
di
Pink Lady al venti percento,
fulve
e dorate dall’orto all’occaso.
Le voglio
tutte, pensavo –
ma quanto
pesavano
le buste
sulle scale del rincaso.