mercoledì 25 maggio 2016

Quell'estate dei giovani


Silvio Bordoni e il  manoscritto ritrovato in cantina
di Bonifacio Vincenzi

Jabès:

“Vi è un’invisibilità che è visibilità differita e una visibilità che è illeggibilità scoraggiante. Questa illeggibilità ci conferma che tutto il visibile non è, per ciò stesso, leggibile, ma che, al contrario, l’invisibile resta la futura scommessa di ogni leggibilità.”

Kundera:

“L’oblio ci riconduce al presente, pur coniugandosi in tutti i tempi: al futuro, per vivere il cominciamento; al presente, per vivere l’istante; al passato, per vivere il ritorno; in ogni caso, per non ripetere. Occorre dimenticare per rimanere presenti, dimenticare per non morire, dimenticare per restare fedeli.”

E da qui provare a immaginare che ci sia una memoria come traccia di un accaduto che si è sottratto alla coscienza, che si è concesso all’oblio. La domanda da porsi è perché dovrebbe succedere questo ma sarebbe, comunque, un esercizio inutile.
Non sappiamo chi siamo e, pare, nel modo come sprechiamo la nostra vita, non ci sia in noi alcun desiderio di approfondimento. Si susseguono i giorni e con i giorni gli anni. Dimentichiamo una quantità impressionante di cose. Ed è questo oblio che ci permettere di rinascere ogni giorno.

Qualche settimana fa LietoColle ha pubblicato il romanzo di Silvio Bordoni, Quell’estate dei giovani – La fabbrica. Lo stesso autore definisce la storia di questo manoscritto alquanto bizzarra.

Il romanzo, scritto nel 1973, si è sottratto per anni alla coscienza dell’autore per poi essere ritrovato dalla moglie di  Bordoni nel 2013, casualmente, in una cantina.

Avvolta nel suo oblio questa storia era scomparsa. Poteva anche non riapparire più. Un uomo, alla fine, - per dirla con Borges – si confonde, gradatamente, con la forma del suo destino; un uomo è, alla  lunga ciò che lo determina.

Ma tutto questo non è accaduto: il manoscritto non solo è stato ritrovato ma, cosa per niente scontata, è riuscito a vincere anche la diffidenza dell’autore che, senza imbarazzo, riconosce questa parte del suo passato ancora degna del suo presente.


Così scrive Bordoni in una nota:

“Dopo qualche mese decisi di metterci mano, se non altro per un senso di rispetto. Dopo le prime pagine tutto o quasi mi balzò alla mente. Si trattava di una vicenda reale che riguardava loccupazione di una fabbrica di calze – iniziata nellestate del 1973 – a seguito del licenziamento improvviso di un gran numero di operai e operaie, disposto dai padroni che da quel momento non si erano più fatti sentire né vedere. Una vicenda, quindi, da definirsi – oggi come oggi – assolutamente attuale e che si svolgeva allora in un paese della medio - bassa bergamasca.”

Da qui la decisione di pubblicarlo.

“Il libro – scrive Gabrio Vitali  nell’introduzione -  si intitola Quell’estate dei giovani, e giovani, o ancora giovani, sono infatti molti personaggi, soprattutto gli studenti e gli operai che s’incontrano di continuo nelle sue pagine; ma l’estate, quella è colta nel suo finire, non nella sua esuberanza; ed è, invece, l’autunno col suo raccoglimento e la sua malinconia, con il suo andarsene dei colori e dei vigori, che entra sempre più nel racconto e ne costituisce la cifra e, insieme, la piega mentale da cui leggerlo. Come nell’apprendistato di Maurizio, attento e curioso, che cresce nella coscienza civile e si apre all’amore, per poi doversi ripiegare nelle maglie sempre più soffocanti di un male cattivo. 
Come nell’illusione di Rosanna, coraggiosa ragazza madre, che spera per un attimo nel ritorno del padre della sua bambina. Come nella pacata e precoce saggezza di Andrea, leader naturale della lotta, che deve gestire l’epilogo della disillusione di tutti. Come nell’impegno responsabile del giovane sindaco, che è costretto a stemperare la sua passione civile fra i vincoli della politica politicante del suo partito. Come nella sorte sconsolata di Maria, che pare risucchiata nello sciacallaggio di chi vuole speculare sulla sua bellezza e sulla sua disoccupazione. Come, infine, nel destino di Nannina e Dario, allacciati prima nel volo di un valzer rubato in un bar, al suono d’un juke box, e subito dopo spariti nel fragore metallico di un incidente stradale.”

Un romanzo intenso, questo di Bordoni,  pervaso delle atmosfere tipiche degli anni ’70  e che ha il pregio di avere una notevole forza espressiva capace di affascinare il lettore.

Immagini in ordine di apparizione: 1. Copertina del libro; 2. Silvio Bordoni; 3. Gabrio Vitali

LietoColle

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lunedì 23 maggio 2016

Oltre la curva del tramonto




La traccia dell’immortalità nella poesia di Aurora Cantini
di Bonifacio Vincenzi

“Il ritorno alla vitalità naturale – affermava qualche anno fa Andrea Zanzotto  quando ancora abitava la vita – si verifica soltanto quando si arriva al punto di cingersi intorno il paesaggio come se fosse un mantello che ci avvolge e ci aiuta a voltare le spalle a un passato negativo. È un’immagine di derivazione surrealista, ma ancora adesso inseguo il tentativo di portarmi addosso il paesaggio come se fosse un mantello leggerissimo, di fate, in realtà. Se riesco a intonarmi al paesaggio facendolo mio, vuol dire che la strada è positiva, che riesco a raggiungere uno sguardo libero verso il mondo.”


Certamente Aurora Cantini nella sua raccolta di poesia Oltre la curva del tramonto, pubblicata da LietoColle, riesce a raggiungerlo questo sguardo libero verso il mondo e lo fa  avvalendosi dell’intensità e della piacevolezza della Poesia:

I bambini del mondo sono come stelle,/ Si accendono ad uno ad uno,/ Ma a volte diventano buchi neri,/ Senza voce né sorriso.// I bambini del mondo sono come un biscotto,/ Solo briciole nelle mani dei grandi.// Ninna nanna per ogni bambino:/ Come dono un pezzo di cielo turchino,/ Una nuvola soffice e leggera,/ Un petalo di rosa rossa,/ Un velo verde sul prato,/ Una castagna dolce e marrone,/ Un sole giallo sul cuore,/ Un angelo bianco vicino,/ Un lettino con sopra un cuscino,/ Una lacrima da asciugare al mattino,/ Un abbraccio che scalda l’inverno.// Ninna nanna, bambini del mondo,/ sorrisi e giochi nel vento,/ Niente buio per i piccolini,/ Solo sogni azzurri e notti d’argento.// Sia ninna nanna portata col canto/ Per riscaldare mani e braccia che si levano in alto,/ A formare un cerchio sul filo del mondo.// Sssh! Dormono i bambini del mondo.” (Ninna nanna per i bambini del mondo)

Aurora Cantini insegue la pista di una visione fortemente legata ad uno sguardo carico di tutta la sua sensibilità di donna  e di essere umano. Leggendo questo brano tratto dall’introduzione della Cantini al suo libro la sua sensibilità traspare ancora più chiaramente:

“Sono legata alla mia terra di montagna come una radice sospesa, la sento vibrare in me in ogni respiro di vento, in ogni scricchiolare di foglia, in ogni sentiero nascosto.
Ho ascoltato le poesie degli alberi frondosi che muovendosi nel dolce tramonto estivo cullavano i miei sogni bambini, o quando, carichi di neve, svettavano al cielo e mi portavano fin lassù, nell’azzurro, con le loro lunghe dita di diamanti. Mi raccontavano, mi consolavano, mi inebriavano di vita, mi amavano teneramente, silenziosamente e per sempre, portandomi oltre la curva del tramonto, fino a raggiungere le stelle.”

La vicinanza a quell’espressione tanto cara a Zanzotto “ di cingersi intorno il paesaggio come se fosse un mantello” non può certo negarsi, cambia solo il modo di esprimerla. Da una parte la grandezza della poesia zanzottiana viva in un linguaggio indagatore molto attento all’essenzialità; dall’altra la poesia della Cantini impegnata nella ricerca di una dimensione ideale e che non riesce ancora a contenere una partecipazione straripante che di sicuro evita, senza rimpianti,  il rapporto definitivo con un velato distacco.

Il percorso del libro della Cantini, alla fine, è una ricognizione in un Luogo/rifugio dove le emozioni di dentro e quelle di fuori, fanno i conti con un’esistenza spesso incapace di cogliere dal Bello quella traccia di immortalità che farebbe tanto bene all’Anima.

Immagini in ordine di apparizione: 1. Copertina del libro; 2. Andrea Zanzotto; 3. Aurora Cantini

LietoColle

http://www.lietocolle.com/shop/collane-collana-blu/cantini-aurora-oltre-la-curva-del-tramonto/

mercoledì 18 maggio 2016

"LietoColle non lascia, raddoppia!"




“LietoColle non lascia, raddoppia!”
Grandi novità nell’ambito della collana “Gialla”, un progetto editoriale  di LietoColle e Pordenonelegge
di Bonifacio Vincenzi

Tre anni fa l’editore LietoColle e Pordenonelegge decidevano di promuovere insieme una collana di poesia denominata “pordenonelegge”, meglio conosciuta come la Gialla e di affidarne la direzione allo scrittore e poeta Augusto Pivanti. Una collana interamente dedicata alla giovane poesia italiana.

In questa operazione era evidente lo sforzo di portare avanti un discorso di ricerca di giovani autori di interesse capaci, nel tempo, di caratterizzare, con le loro opere, la nuova vita della poesia italiana.

Ogni volume della Gialla viene accompagnato da questa presentazione firmata da Michelangelo Camelliti (LietoColle) e  Gian Mario Villalta (Pordenonelegge):

“Due strade – tracciate da molti anni di passione per la poesia – si incrociano e si uniscono in questa collana, per comporre le energie di più luoghi e diverse forme di comunicazione: LietoColle e pordenonelegge condividono lo scopo di scegliere, promuovere e diffondere l’opera di alcuni autori già conosciuti da chi segue la vicenda attuale della poesia, accompagnandoli nell’edizione di una loro prova significativa. LietoColle cura la proposta del libro nella sua forma canonica, mentre pordenonelegge cura la versione elettronica, con l’obiettivo di moltiplicare le occasioni di attenzione e di dialogo su quattro opere di poesia scelte, per ogni anno solare, tra le esperienze di rilievo di nuovi autori di interesse.”

Otto sono le raccolte di poesie pubblicate. Nel 2014 sono state: Tua e di tutti di Tommaso Di Dio; Suite per una notte di Giulia Rusconi; La traccia delle vene di Clery Celeste; Iridi Artiche di Giulio Viano. Nel 2015, invece, sono stati pubblicate le raccolte di altri quattro giovani poeti italiani: Voci dal fondo di Sebastiano Gatto; Manuale di insolubilità di Greta Rosso; Storia d’amore di Daniele Mencarelli; Verticale di Maddalena Lotter.


Per la presentazione dell’anno 2016 l’editore lombardo ha coniato uno slogan significativo: “LietoColle non lascia, raddoppia!”. 
Questo perché da quest’anno il rapporto tra LietoColle e Pordenonelegge si consolida maggiormente perché insieme hanno deciso che oltre ai quattro giovani autori pubblicheranno, nell’ambito della Gialla, anche quattro poeti italiani di indiscusso valore per rendere questo progetto ancora più importante.

Di tutto questo Michelangelo Camelliti (LietoColle) e  Gian Mario Villalta (Pordenonelegge) insieme al curatore della collana Augusto Pivanti ne parleranno a Milano sabato 28 maggio, alle ore 21, presso la Libreria Popolare (Via Tadino 18), nella manifestazione conclusiva del Tour della Gialla. Saranno presenti Anna Maria Farabbi e Maurizio Cucchi.


Immagini in ordine di apparizione: 1. Collana Gialla (Immagine promozionale); Gian Mario Villalta; Michelangelo Camelliti (al centro)

mercoledì 11 maggio 2016

IL SEGRETO DELLE FRAGOLE 2017



Al Via il Concorso di Poesia IL SEGRETO DELLE FRAGOLE
Le migliori poesie saranno inserite
nell’Agenda poetica del 2017 edita da LietoColle



Il tema scelto quest’anno per caratterizzare l’agenda poetica del 2017 è “Essere onesti”. LietoColle vorrebbe che il Segreto delle fragole invogliasse a scrivere – e a praticare – l’”Essere onesti”, gesto quanto mai controverso nel tempo corrente ove le relazioni – entro le comunità, dal micro delle famiglie al macro dei continenti e del pianeta – sembrano costruite sull’interesse privato piuttosto che sul bene comune, con il costante tradimento di principi quali la lealtà, la trasparenza, l’attenzione all’altro.

A ben guardare, l’onestà è tema più faticoso ed estremo della generosità, perché deve riferirsi a una morale che prevede costanza nei comportamenti, costanza che non può essere risolta da un “momento generoso” ma che implica un sistematico riferirsi a modelli del pensare e del fare che superano i bisogni dell’”io” per giungere ad una più vasta consapevolezza del “noi”.

La sconfitta degli egoismi passa attraverso l’esercizio incondizionato dell’onestà – dal personale al collettivo, ad ogni livello di responsabilità – e recuperare un’”etica della poesia” significa anche, per LietoColle, attendere da sé e dagli altri atteggiamenti, storie e scritture capaci di valorizzare il bene piuttosto che il male, recuperando un senso universale di appartenenza alla specie che trova fondamento nell’accogliere piuttosto che nel respingere.

Regolamento  “Il Segreto delle Fragole 2017”
                                                 
LietoColle invita tutti coloro che praticano la scrittura poe­tica, mediante l’invio dei propri elaborati come segue: numero due poesie sul tema “Essere onesti” (massimo 28 versi ciascuna –comprese spaziature interne ai versi, titolo e nome autore:

invio dei testi , in un unico documento formato Word,  alla redazione solo per mail: redazione@lietocolle.com, indicando come oggetto “Fragole 2017”. Nella mail indicare i dati personali, indirizzo, breve notizia e la seguente dichiara­zione:             

Dichiaro che gli elaborati qui proposti sono di mia produzione e sono inediti. Autorizzo il trattamento dei miei dati personali ai sensi  della disciplina generale di tutela della privacy (L. n. 675/1996; D. Lgs. n. 196/2003).

La partecipazione è completamente gratuita.

Le poesie dovranno essere inviate entro il 30 agosto 2016.

L’elenco delle poesie selezionate per l’inserimento nell’Agenda poetica saranno pubblicate sul sito www.lietocolle.com nel mese di novembre 2016, e agli autori selezionati verrà inviata comunicazione personale.

L’edizione 2017 – curata da Sebastiano Gatto, Greta Rosso, Daniele Mencarelli, Maddalena Lotter,  sarà disponibile da fine novembre e sarà un prezioso e utile REGALO DI NATALE.

LietoColle



martedì 10 maggio 2016

Pensi dunque il re qualche cosa





Silvia Morotti e il Re che pensa e crea vita sulla pagina
di Bonifacio Vincenzi


A fondare l’interesse di Pensi dunque il re qualche cosa di Silvia Morotti, edito da LietoColle, è soprattutto questo richiamo alla Mistica ebraica che l’autrice comunica ai suoi lettori in una brevissima nota introduttiva:

“Il racconto ispiratore della silloge è presente nell’antologia Mistica ebraica. Testi della tradizione segreta del giudaismo dal III al XVIII, a cura di Giulio Busi e Elena Loeventhal, Einaudi. La prima edizione è del 1995, l’edizione consultata è del 2006. L’antologia raccoglie anche scritti poco conosciuti, come Il libro Fulgido. Nell’introduzione al testo si parla di una traduzione tedesca di Gershom Scholem, nel 1920. Il libro era noto a Marsilio Ficino, che lo chiamava Liber Lucidus e a Pico della Mirandola, che lo fece tradurre. La stampa in ebraico è del 1651. Esistono versioni in inglese, francese, spagnolo, portoghese; quella uscita da Einaudi è la prima traduzione in lingua italiana.”

Per poi collocare proprio questa luce che ha illuminato l’intero percorso del libro davanti alla porta dello stesso:

Un re desiderava ardentemente un figlio. Egli trovò un diadema, bello, pregiato e degno di lode. Si rallegrò grandemente e disse: questo è per il capo del mio figliolo, gli starà bene. Qualcuno domandò se fosse certo che il figlio ne sarebbe stato degno. Taci – disse – così è stato concepito nel pensiero ed è certo, come è detto: Pensi dunque il re qualche cosa (2 Sam. 14:14). Libro Fulgido 16 [12].

Se è vero come scrive Blanchot  che “ il libro è in linea di massima il mondo e il mondo un libro” è anche vero che il mondo della parola in cui si rifugia la Morotti è una specie di santuario in cui la scrittura diventa, citando una definizione cara all’autrice, “ una preghiera senza oggetto, un modo per uscire da sé e tentare di ritrovarsi.”


Vorrei aprire una breve parentesi. Si racconta che nel 1930, sul monte Shasta, negli Stati Uniti d’America avvenne la canalizzazione del conte di Saint Germain, il maestro ispiratore di un Nuovo Piano di Coscienza. Da questa canalizzazione è venuto fuori il messaggio dell’Io sono, strutturato in diciotto sezioni. Premesso che a tutto questo si può credere e  non credere, quello che mi piace sottolineare  è che nell’Io sono c’è una particolare sezione dedicata al pensatore come creatore:

Pensare è creare. Ciò può essere espresso così: Tu sei come pensi nel tuo cuore. Un pensatore è un creatore: egli vive in un mondo di propria cosciente creazione. Quando tu sai come pensare puoi creare a volontà qualunque cosa tu voglia, sia una nuova personalità, sia un nuovo ambiente, sia un nuovo mondo.”

Troppo profonda questa visione ed è davvero difficile per tutti noi figli di un tempo in cui tutto si consuma velocemente e in superficie, comprendere completamente la vita impersonale predicata nell’Io sono. Solo i poeti, quelli autentici, ancora ci riescono.  E Silvia Morotti, come donna e come poeta, in questo libro ha giocato una partita importante, quella di chi chiede alla parola una immersione in un mondo senza tempo dove il Re pensa e pensando crea vita sulla pagina. È una partita anche rischiosa perché  la parola minaccia le fondamenta su cui si regge il Mondo di fuori che Altri quotidianamente creano per noi e che noi  inconsapevolmente subiamo.

Qui, per dirla ancora una volta con Maurice  Blanchot “la cosa scritta appare sostanzialmente vicina alla parola sacra di cui sembra portare nell’opera l’estraneità, di cui eredita l’eccesso, il rischio,  la forza che sfugge a ogni calcolo e rifiuta ogni garanzia.” 

Qui il Re pensa, dicevamo, e pensando crea vita sulla pagina. Ma chi è il Re? Per capirlo, forse, bisognerebbe tornare a sbirciare nell’Io sono e ascoltare ciò che colui che parla ha da dire:

“Io sono tu: quella parte di tu che è e sa, che sa tutte le cose, che sempre seppe e sempre fu. Io sono tu, il tuo Sé; quella parte di te che dice: Io sono ed è Io sono. Io sono quella parte più alta di te stesso, che vibra dentro di te mentre leggi; che risponde a questa mia parola, che ne percepisce la verità e scarta ogni errore dovunque lo trovi. Ciò io sono: non quella parte di te che sino ad oggi s’è nutrita dell’errore.”

Il Re sa di sapere. “E il re pensa la primavera, e pensa un paese dove la primavera arriva con le cicogne, e ci sono uomini che camminano, e si piegano come l’erba al vento, e si rialzano, e attraversano boschi e fiumi trasparenti, e non misurano il tempo, toccano il cielo e camminano sulla terra, e a volte si chiudono in carri di legno, e appendono fuori tappeti, e panni, e aspettano, e non conoscono i secondi, i minuti e le ore, proprio come non li conosco io, quando mi siedo sul mio terrazzo e parlo con gli uccelli, e gli uccelli mi ripetono un nome, che è un nome leggerissimo, come l’aria.”

Forse il desiderio più grande di Silvia Morotti è quello di riconoscere l’errore e dare ascolto al qui e adesso che è senza tempo  e da cui il Re (Il Sé) eternamente pensa e crea.

Immagini in ordine di apparizione: 1. Copertina del libro; 2. Il Conte di Saint Germain; 3. Silvia Morotti

LietoColle

mercoledì 4 maggio 2016

Stati d'amnesia




La lotta, l’equivoco, la presenza, l’assenza nella poesia di Lella De Marchi
di Bonifacio Vincenzi


Nel bianco cespuglio
chi canta?
L’usignolo ingannato
dal suo desiderio
di primavera
ha scambiato
gli ultimi fiocchi di neve
per i fiori di pruno.

Sono versi di Sosei Hoshi semplici ed efficaci. Fanno riflettere perché edificano su di un equivoco il forte desiderio per la bella stagione.

Si può partire tranquillamente da qui per immergersi nella lettura di questo libro di Lella De Marchi, Stati d’amnesia (LietoColle). Chi è che canta nel bianco cespuglio della pagina? Chi si abbandona all’inganno di un desiderio che cerca primavere lontane per accendere questi stati d’amnesia? Poco importa se sono fiocchi di neve o fiori di pruno, Lella De Marchi lo sa bene. Lei porta dentro di sé un mondo improvvisamente scomparso. Mai morto definitivamente perché continua ad alitare nella caligine che allontana dal vero degli occhi. Non più vivo completamente perché la Realtà non riconosce la Vita della memoria.

Desiderio di donna, di ragazza, di bambina. Desiderio di poeta. E poi il canto struggente che viene dal cuore.

la parte che punge e respinge, io sono
anche questo, dentro ad una fessura vado
intrecciando come l’ortica la mia solitudine,
muta, di strade di marciapiedi, vuota
di clacson e di rumori

io difendo me stessa e forse anche te che sei
fuori di me non so bene che cosa, certe volte
in stato d’allerta, abbarbicata nascosta,
mi chiudo alla luce mi copro di spine

ascolto me stessa tacere, dentro
ad una fessura

Dentro e fuori. La lotta, l’equivoco, la presenza, l’assenza …
Questa Notte è Luce, direbbe Pessoa, sentendosi lui stesso il centro del Ricordo.
Lella De Marchi è sempre pronta ad ascoltare l’Altra, la ragazza che si porta dentro. Lei aveva delle speranze, cadute poi ad una ad una con i giorni, i mesi, gli anni: il tempo non è mai tenero con il passato.

Da qui il tema della solitudine si fa pressante e qualcosa ritorna nel respiro silenzioso della pagina. Si moltiplicano gli sguardi, infiniti sguardi. La poetessa rimane sola, accesa, senza nome. Liquida si espande come su uno schermo. La solitudine peggiore è sapere che lei porta a spasso la donna che non è. La migliore è quella del pensiero, tanto cara a Jabès, ed è come un solco, una stessa ferita. E a questa profonda ferita la Poesia di Lella De Marchi deve tutta la sua fertilità.

LietoColle
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