La poesia di Enzo Cordasco:
Gerusalemme, un Luogo geniale capace di nutrire la vita
interiore
di Bonifacio Vincenzi
Se
è vero che la poesia riunifica, in sostanza, spesso quegli ambiti del sapere universale,
quello religioso e quello naturale, è altrettanto vero che il Tutto di un’anima può essere percepito o
colto soltanto nel grondante e
trepido silenzio di una inattesa ed oscura rivelazione …
“Anni
fa andai a Gerusalemme, un viaggio desiderato e sognato da molto tempo. Dalla
hall dell’albergo Mount Zyon, da una piccola vetrata, mi appariva la magica
immagine notturna della Città Vecchia, le sue mura, i suoi colori dorati, le
Torri, la valle di Josafat. Ogni sera, prima di andare a letto e fino a notte
inoltrata, mi piaceva stare solo davanti a questa vetrata dove la mia mente e
la mia fantasia – come in trance davanti a questa città d’oro, di rame e di
luce, l’omphalos, l’Umbilicus mundi –si misero a vagare da cielo a cielo, da
spirito a carne, da ragione a sentimento, da possessione estatica a riflessione
sul sacro (e sul profano).”
È
quello che scrive Enzo Cordasco in una breve nota alla sua raccolta di poesie Di
notte a Gerusalemme edita
recentemente da LietoColle. Ed è una nota importante perché rivela, in una
simultaneità inspiegabile, una meraviglia pura dove il passato, il presente e
il futuro, si riuniscono, attraverso il calore di uno sguardo, in una emozione che cercando un approdo, un senso,
una sopravvivenza, poteva trovarla soltanto nella poesia …
“(…)
I secoli danzano attorno a questo
paesaggio di caldo/ opprimente/ con ore di luce e di buio ben distribuite
armoniosamente// accolgono tra musica e silenzio l’elevazione di un salmo calmo/
mentre la notte cala sfogliando pagine mai sgualcite dall’oblio// Città
mirabile o terrifica che fai indovinare il destino d’ognuno/ tra le tue pianure
di creta fiuto l’odore della mia strana/ geografia (Saint Peter Fish)
Cordasco vuole vedere, indagare, penetrare il
Luogo del suo sentire partendo da qualcosa che già c’è, da una verità che passa
e ripassa senza essere mai colta. È anche vero che l’aspetto religioso in lui tende
ad esprimersi attraverso un acuto travaglio intellettuale che gli permette di accordare la sua coscienza armoniosamente all’inconscio. Il
viaggio a volte è tranquillo, altre volte burrascoso.
D’altronde,
l’esistenza è inafferrabile, si è spinti in una compressione del tempo dove la
scomparsa rivendica l’attesa di un ritorno. Non è la felicità che si vuole ma
il desiderio di raggiungerla perpetuato fino alla fine dei giorni ...
“Che il tempo curerà le mie ferite/ è una
sciocca ingenua superstizione// non si rimarginano le malinconie furibonde/ e
l’anno prossimo una lucida febbre saluterà le piaghe// mi sarebbe piaciuto far
entrare l’alba// dopo una notte di chiacchiera tranquilla// per fortuna il
tempo splende angusto e monotono/ in questa città stregata di pianto e di gelo”
(Far entrare l’alba)
Gerusalemme,
alla fine, è un luogo geniale capace di nutrire la vita interiore e Cordasco un
ricercatore spirituale disincantato che cerca di colmare di senso una mancanza
che sopravvive anche al tempo che si consuma.
Nessun commento:
Posta un commento