lunedì 25 aprile 2016

Lettera a D.






 La scrittura poetica contaminata di Alessandro Assiri
di Bonifacio Vincenzi


Lo spirito del disordine. La guerra eterna di quello che hai fuori e di quello che hai dentro. Viaggi inventati, sentieri ripetuti mille volte. Il raffreddarsi dei sorrisi. La noia sempre in agguato. La violenza di certi gesti. L’inferno e il paradiso. I piccoli fallimenti delle passioni. E ancora, le malinconie, il vuoto, le pause, i sogni neri, i vizi, l’esilio, l’ascolto del silenzio …

È un libro di Poesia, amici. E ciò che esprime la buona poesia ci riguarda sempre. C’è un autore: Alessandro Assiri. C’è un titolo:  Lettera a D. C’è un editore: Lieto Colle.

E, soprattutto, prima di iniziare il viaggio,  c’è un’avvertenza ai lettori molto significativa:

D. (come iniziale di tutti i Destinatari) scandisce il tempo assoluto in una contemporaneità quotidiana, che sembra avere nella pratica delle manie e dei vizi l’unica via d’uscita dal banale. Un testo imbrattato e sporco come solo può essere una scrittura contaminata, una narrazione che usa la forma epistolare per rincorrere una sequenza di atti emotivi che hanno potuto (e saputo) eccedere anche rispetto alle proprie illusioni, ai propri miraggi. Tutte le volte che mi capita di ripensare a D., sento che – a forza di aspettare – le rivoluzioni accadono sempre senza di noi; forse è per questa ragione che ho provato a fermare “quella” energia vitale, perché non andasse dispersa nell’astratto delle figure che attraversano l’incompiuto del “mio/nostro” tempo comune.”

… una narrazione che usa la forma epistolare per rincorrere una sequenza di atti emotivi che hanno potuto (e saputo) eccedere anche rispetto alle proprie illusioni, ai propri miraggi.

Non è grandiosa questa rincorsa effettuata da Assiri? Non è quella che facciamo anche noi ogni giorno in certi momenti in cui vediamo emergere dai nostri pensieri tutto ciò che abbiamo voluto perdere in un supremo atto di assoluta salvaguardia?

Lettera a D. è un libro da leggere perché segna un movimento, un passaggio tra zone d’intensità differente in un tempo non più misurabile o regolabile. È un transitare tra gli strati di quella Vita che riconosciamo come nostra. Un cercare di ricominciare su un altro piano ciò che realmente non si potrà più ricominciare.

Magia della Poesia! Magia del Silenzio che parla!

ti ritraggo meglio in aprile/ in uno dei nostri inferni moderatamente soleggiati/ coi piccoli fallimenti delle passioni raccontati come vita leggendaria./ Potevo sentire tutto il tuo struggimento per le cose inutili/ per i labirinti in cui da sempre ti ritrovi/ per l’ossessione che coltivi da anni per il cinema tedesco/ e per il mio immaginario che da sempre tratti come ospite malato o come/ sradicato soccombente alla Bernhard/ (di cui ti vanti sempre di possedere quasi tutto)./ Stendo grandi quantità di colore per la lista dei tuoi interpreti/ per i manifesti delle tue scene interiori/ per fermare i tuoi strilli sulla tela e i pantaloni a fiori che ti alzavano il culo/ quando qualcuno ti aveva immaginato femmina inventandosi un mondo.” (A D. Che ha imparato a restar vivo)

Imparare a restar vivi per, alla fine, potersi dire:

Ogni tanto mi illudo che esserci ti sottragga a un sortilegio/ poi mi accorgo che tu non mangi quasi mai per fame/ tu mangi per durare e a volte cali come sipario nei teatri.”

 LietoColle


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