venerdì 1 febbraio 2019

LINGUA MATER




Considerazioni ad alta voce:
LINGUA MATER di Angelo Gaccione
di Francesco Curto

Una piccola grande opera (mi si passi l’ossimoro) ma soprattutto preziosa, l’ultima fatica dell’instancabile scrittore Angelo Gaccione. Lingua mater, macabor editore, una raccolta di poesie in dialetto acritano, con traduzione a fronte dello stesso autore. La presentazione di Dante Maffia ci consegna un poeta che ci porta in un viaggio che si compie in un tempo breve ma in uno spazio immenso: la memoria L’introduzione di Maffia contiene inoltre alcuni strumenti di aiuto necessari al lettore per meglio entrare in quel viaggio onirico che svelano, a nostro avviso, quei suoni peculiari che questa lingua richiede. Anche l’autore nell’ouverture ci prende per mano nella lettura per accompagnarci dentro un mondo che sa tanto di antico ma  così attuale anch’esso, così necessario per la  costruzione del proprio futuro: quel tempo in apparenza morto ma invece vivo nella parola e  in ogni momento (sempre)  della vita di Gaccione. 

Un viaggio che  si dilata   in questo testo con una scrittura in versi così scarni ma carnali, come rileva Maffia, un diario essenziale di ricordi pieni di dolore ma con altrettanta voglia di riscatto. La lingua materna è la linfa vitale che permea tutta l’opera di Angelo, forse inconsapevolmente; infatti, tutta la narrazione letteraria del nostro ha in se sempre quel substrato che deriva dalla dialettalità acritana. Nella prosa, nella drammaturgia, nella critica letteraria  e nell’impegno rigoroso e puntuale quale giornalista. S’intravede nei versi persino la gestualità di persone e animali e la  vitalità delle cose ormai in disuso. Condivido ancora con Maffia quando afferma  che l’opera di Gaccione è pregna di calore umano e siamo appunto in quella coralità che ha attraversato tutta l’opera, a quell’impegno rigoroso verso questa umanità disumana, sempre attento alla voce degli uomini senza diritti. La nota rilevante di questa raccolta è la figura della madre  che coincide con la madre lingua. A lei si è allattato l’autore assorbendo carne e sangue, ma soprattutto parole e linguaggio, fonte di vita e madre di parole. Entrambe essenza indispensabile dell’esistenza umana. Ed ecco che nel vento c’è anche il dolore, c’è però il suono di voci, i sapori e i profumi. C’è il paesaggio interiorizzato e la casa che oggi esiste solo nella memoria. C’è la nostalgia per tutto e di tutti. Ogni poesia è un microcosmo che si sedimenta nella mente e si radicalizza nel cuore. Un bagaglio memoriale che anela sempre alle radici, una voglia manifesta di un ritorno al ventre materno o nell’utero della propria madre, dove tutto è stato concepito e da dove poi il mondo di Gaccione ha affermato la sua esistenza. Un uomo, Gaccione,  che ha conosciuto la vita di povertà e sofferenza ma ricca di valori autentici quali il rispetto per l’altro e per il pane sudato, La fatica per sopravvivere alla violenza, l’impegno alla lotta per un mondo migliore, un acuto letterato  Angelo che da un contributo rilevante con la sua attività  alla indifferenza di una società che oggi ha perduto il sogno e non ha un progetto da consegnare alle generazioni future.   


1 commento:

angelo gaccione ha detto...

Ha esagerato il poeta Curto. Ma so che lo ha fatto perché mi vuole bene,
e dunque lo perdono. Grazie anche a voi per averlo ospitato.
Un saluto.
Angelo Gaccione