Emanuela Ceddia: viaggio nell’anima di una
poetessa
di Bonifacio
Vincenzi
Stretta nel pugno della vita, lei è nata per essere
qui e adesso, lei affida alla voce la testimonianza della sua anima...
Si potrebbe partire da qui, da questo lungo respiro colto dal libro di Emanuela Ceddia, Essere
transitivo, edito recentemente da LietoColle, per accogliere ciò che la
parola è disposta a donare, consapevole di una responsabilità sempre e comunque
passeggera, mai legata a forzature o altro che possano, in qualche modo, turbare il
lavoro dello sguardo.
La poesia in Ceddia semplicemente è, ha un estimatrice appassionata, Emanuela, già pronta lei stessa
a sorprendersi per la magia di queste parole, di questi versi, che sgorgano da
una profondità capace di creare la sua vita di ogni giorno, nel bene e nel
male:
“Parola, sei un
occhio/ che mi vede. Un occhio che si schiude in faccia a/ un dentro. Un senso/
acuminato che mi trova./ Sei tocco affilato che decide./ Sei timpano, parola./
Membra che vibra/ in nuove corde. Sei fibra/ del corpo immateriale./ Che
insorge. Risale.”
In questa operazione del fare e del farsi testo le
domande comunque non cessano. La vita e il suo mistero sono lì davanti agli
occhi… (Veniamo noi, al mondo/ o viene,
il mondo, a noi?) … E non basta una parola accorta per risvegliarsi, ma ci vorrebbe un
sentire più profondo, che superi, in qualche modo, le domande e le risposte...
Come una “vera
felicità lasciata andare,/ libera, a scorgere la fine.” Come gli occhi che
si aprono nelle mani e vedono attraverso
le carezze.
Questa è la poesia. Viene a noi squarciando ogni
mistero. Muore e rinasce ad ogni carezza di sguardo. È capace di parlare o di
tacere. Non si sottrae alla morte, è la
morte; non si sottrae alla vita, è la
vita: mischiando canto e silenzio per dire, alla fine, ciò che nessuno osa
capire.
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