Silvia Morotti e il Re che pensa e crea vita sulla pagina
di Bonifacio Vincenzi
A
fondare l’interesse di Pensi
dunque il re qualche cosa di Silvia Morotti, edito da LietoColle, è soprattutto questo
richiamo alla Mistica ebraica che
l’autrice comunica ai suoi lettori in una brevissima nota introduttiva:
“Il racconto ispiratore
della silloge è presente nell’antologia Mistica ebraica. Testi della tradizione
segreta del giudaismo dal III al XVIII, a cura di Giulio Busi e Elena Loeventhal,
Einaudi. La prima edizione è del 1995, l’edizione consultata è del 2006.
L’antologia raccoglie anche scritti poco conosciuti, come Il libro Fulgido.
Nell’introduzione al testo si parla di una traduzione tedesca di Gershom
Scholem, nel 1920. Il libro era noto a Marsilio Ficino, che lo chiamava Liber
Lucidus e a Pico della Mirandola, che lo fece tradurre. La stampa in ebraico è
del 1651. Esistono versioni in inglese, francese, spagnolo, portoghese; quella
uscita da Einaudi è la prima traduzione in lingua italiana.”
Per poi collocare proprio
questa luce che ha illuminato l’intero percorso del libro davanti alla porta dello stesso:
Un
re desiderava ardentemente un figlio. Egli trovò un diadema, bello, pregiato e
degno di lode. Si rallegrò grandemente e disse: questo è per il capo del mio
figliolo, gli starà bene. Qualcuno domandò se fosse certo che il figlio ne
sarebbe stato degno. Taci – disse – così è stato concepito nel pensiero ed è
certo, come è detto: Pensi dunque il re qualche cosa (2
Sam. 14:14). Libro Fulgido 16 [12].
Se è vero come scrive
Blanchot che “ il libro è in linea di
massima il mondo e il mondo un libro” è anche vero che il mondo della parola in
cui si rifugia la Morotti è una specie di santuario in cui la scrittura diventa, citando una
definizione cara all’autrice, “ una preghiera senza oggetto, un modo per uscire
da sé e tentare di ritrovarsi.”
Vorrei aprire una breve
parentesi. Si racconta che nel 1930, sul monte Shasta, negli Stati Uniti
d’America avvenne la canalizzazione del conte di Saint Germain, il maestro
ispiratore di un Nuovo Piano di Coscienza. Da questa canalizzazione è venuto
fuori il messaggio dell’Io sono, strutturato in diciotto
sezioni. Premesso che a tutto questo si può credere e non credere, quello che mi piace sottolineare
è che nell’Io sono c’è una particolare
sezione dedicata al pensatore come creatore:
“Pensare è creare. Ciò può essere espresso così: Tu sei come pensi nel tuo cuore. Un
pensatore è un creatore: egli vive in un mondo di propria cosciente creazione.
Quando tu sai come pensare puoi
creare a volontà qualunque cosa tu voglia, sia una nuova personalità, sia un
nuovo ambiente, sia un nuovo mondo.”
Troppo profonda questa
visione ed è davvero difficile per tutti noi figli di un tempo in cui tutto si
consuma velocemente e in superficie, comprendere completamente la vita
impersonale predicata nell’Io sono. Solo i poeti, quelli
autentici, ancora ci riescono. E Silvia
Morotti, come donna e come poeta, in questo libro ha giocato una partita importante,
quella di chi chiede alla parola una immersione in un mondo senza tempo dove il
Re pensa e pensando crea vita sulla
pagina. È una partita anche rischiosa perché
la parola minaccia le fondamenta su cui si regge il Mondo di fuori che
Altri quotidianamente creano per noi e che noi
inconsapevolmente subiamo.
Qui, per dirla ancora una
volta con Maurice Blanchot “la cosa scritta appare sostanzialmente
vicina alla parola sacra di cui sembra portare nell’opera l’estraneità, di cui
eredita l’eccesso, il rischio, la forza
che sfugge a ogni calcolo e rifiuta ogni garanzia.”
Qui il Re pensa, dicevamo, e pensando crea vita sulla pagina. Ma
chi è il Re? Per capirlo, forse,
bisognerebbe tornare a sbirciare nell’Io
sono e ascoltare ciò che colui che parla ha da dire:
“Io sono tu: quella parte
di tu che è e sa, che sa tutte le
cose, che sempre seppe e sempre fu. Io sono tu, il tuo Sé; quella parte di te
che dice: Io sono ed è Io sono. Io sono quella parte più alta
di te stesso, che vibra dentro di te mentre leggi; che risponde a questa mia
parola, che ne percepisce la verità e scarta ogni errore dovunque lo trovi. Ciò
io sono: non quella parte di te che sino ad oggi s’è nutrita dell’errore.”
Il Re sa di sapere. “E il re
pensa la primavera, e pensa un paese dove la primavera arriva con le cicogne, e
ci sono uomini che camminano, e si piegano come l’erba al vento, e si rialzano,
e attraversano boschi e fiumi trasparenti, e non misurano il tempo, toccano il
cielo e camminano sulla terra, e a volte si chiudono in carri di legno, e
appendono fuori tappeti, e panni, e aspettano, e non conoscono i secondi, i
minuti e le ore, proprio come non li conosco io, quando mi siedo sul mio
terrazzo e parlo con gli uccelli, e gli uccelli mi ripetono un nome, che è un
nome leggerissimo, come l’aria.”
Forse il desiderio più
grande di Silvia Morotti è quello di riconoscere l’errore e dare ascolto al qui e adesso che è senza tempo e da cui il Re (Il Sé) eternamente pensa e crea.
Immagini in ordine di apparizione: 1.
Copertina del libro; 2. Il Conte di Saint Germain; 3. Silvia Morotti
LietoColle
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