Il testo che qui pubblichiamo è la relazione
che ha tenuto Bonifacio Vincenzi a Villapiana (Palazzo Gentile) durante la
presentazione del libro Solo brevi
domande esiliate di Griselda Doka, organizzata il 7 novembre 2015 dall’Amministrazione
Comunale.
Griselda Doka:
una casa nella
Poesia
di Bonifacio Vincenzi
“Ibn’Arabi racconta come
re Salomone lo comunicò alla Regina di Saba introducendola in una stanza che
aveva il pavimento di cristallo. La regina lo scambiò per una superficie di
acqua e sollevò la gonna per non bagnarla. Quando si accorse che l’acqua non
c’era di colpo capì che la realtà è un gioco fra somiglianza e differenza e che
il mondo si annienta e si ricrea in ogni istante.” (E. Zolla)
Vale la pena riflettere su
questa frase:
La realtà è un gioco fra
somiglianza e differenza e il mondo si
annienta e si ricrea in ogni istante.
È risaputo, però, che la
realtà, per la gran parte delle persone, è qualcosa di estremamente serio e nessuno
ha una propria teoria del gioco da
cui attingere. Al massimo si ha una
teoria del comportamento ludico in ragione del fatto che la maggior parte delle
persone più che giocare con la realtà preferisce parlarne, lamentarsene, subirla.
Poi ci sono i poeti che la
realtà la fanno sulla pagina. Poesia, infatti, come dice l’etimo, vuol dire fare realtà. Ma di quale realtà si
occupano i poeti? Una bella domanda questa. I poeti si occupano della realtà
che riemerge da quel silenzio che precede la poesia. Quella che li riguarda,
quella che non se n’è mai andata. Quella che è stata vita e continua ad essere
vita perché nella poesia presente, passato e futuro non sono affatto separati.
E Griselda? Di quale
realtà si occupa Griselda nel suo Solo
brevi domande esiliate ( Fara Editore)?
Il libro si apre con una
dedica speciale che recita così:
A
quei passi solitari e silenziosi
Su quale sentiero si muovono questi passi solitari e
silenziosi? A chi appartengono? Da dove vengono? Dove andranno?
Il luogo fisico che Griselda Doka ha scelto e accettato
di abitare ha fragili confini e capita spesso che nel respiro dei passi della
sua quotidianità, altri passi, altre vite ritornino attraverso il fiato della
poesia.
Allora è come vivere in due nello stesso corpo presente
in quell’istante che annienta il mondo e lo ricrea. Ma sono due le vite. Due le
albe e due i tramonti. Due i soli e due le lune. Due vite nello stesso cuore e
nella stessa anima …
Servirebbe un incantesimo di sonno
alla memoria corrosiva
per dimenticare momentaneamente
chi siamo stati
in quell’angolo del mondo
dove congelato è rimasto il volo
dell’aquila
troppo alto il cielo
troppo bassa la terra (…), pag.23
O ancora:
Mi aggrappavo alle nuvole
per varcare la valle
rinchiusa nel rancore
e con pupille di bambina
ritraevo scene di vita
che volevo
quel mosaico di nuvole
candide
pure
piene
è tuttora l’unico modello
che mi porto dietro
e man mano completo
mescolando boccate
di libertà
e frammenti di esistenza
in questa parata di respiri trattenuti
che si aggrappano al mio collo
e attendono, pag. 55
Il difficile per lo straniero non è vivere fuori, tra
la gente; il difficile è dentro, nel profondo.
Quei passi solitari e silenziosi, a cui Griselda ha
dedicato il libro, sono sempre accanto. Quella vita continua ad esserci con o senza la poesia.
Basta un profumo particolare, una folata di vento, il volo di un uccello e
tutto improvvisamente ritorna. Allora è come rivivere il passato un’altra
volta.
Vita che si ripete, vita che cerca la sua casa nella
poesia, nel libro. E di nuovo, forte, risuona la frase dell’inizio:
La realtà è un gioco fra
somiglianza e differenza e il mondo si
annienta e si ricrea in ogni istante.
E
Griselda Doka lo ribadisce in una delle
sue brevi domande esiliate:
che colpa ne ho
che nasco e muoio
dentro il secondo? , pag.65
Alla fine non esiste una
storia della nostra vita, esistono soltanto racconti, alcuni luoghi, immagini
di noi, dove noi siamo stati: la vita si svolge attraverso l’assenza.
Ed proprio l’assenza la
protagonista del libro di Griselda. L’assenza che diventa presenza sulla
pagina, nel verso …
C’è sempre un’aria di
grande famiglia che accomuna una nazione. La gente che parla la stessa lingua
acquista la stessa forma di bocca, le stesse pieghe di espressione. Ci si
somiglia per volti, corpi e gesti, per maniere simili di parlare, di camminare,
di sospirare.
Un esule, anche se
volontario, porta questa sua grande famiglia ovunque vada. Deve imparare a
convivere con questa moltitudine invisibile. Convivere con questi passi
silenziosi. Si sta come una foglia sul
grande albero dei propri avi. L’albero non si vede ma c’è.
Qual
è il tuo scopo? a
questo punto chiederebbe lo scrittore greco Nikos Kazantzakis. Per poi
rispondere: il tuo scopo è “lottare per afferrare saldamente il ramo, sia come
foglia sia come fiore sia come frutto, perché si muovi, si rinnovi e respiri
l’albero intero dentro di te.”
Ed è esattamente quello
che fa ogni giorno nella poesia e nella vita Griselda Doka.
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