martedì 4 agosto 2015

Nuove nomenclature ed altre poesie




Anna Maria Curci:
uno sguardo dal mistero
di Bonifacio Vincenzi


Vita vivente e vita vissuta, idea creativa e creante ( sempre viva, oscura, eterna), archetipi ... Che altro?  Molto altro ancora  e tutto ciò che serve per trovare una chiave d’accesso nella poesia di Anna Maria Curci. Magari anche un passepartout per violare l’enigma dei suoi versi ruvidi, essenziali, carichi di pensiero suo e dei grandi pensatori del passato e del presente.

Un bagno di umiltà. Vietato avventurarsi in dedali di illimitate interpretazioni, è consigliato, invece, un prolungato raccoglimento per tentare di liberarsi prima dell’ossessione del senso. Le immagini della Curci sostituiscono la realtà, la ironizzano in un’emissione di segni a volte non accordati con la circostanza. Momenti felici di una mente nell’atto di offrire a se stessa lo spettacolo di sé, nel passaggio tra zone d’intensità differenti, dentro, accanto e fuori dalle immagini, nell’operazione del farsi testo, questo testo: Nuove nomenclature ed altre poesie, edito dalla Casa Editrice L’Arcolaio.

E che sia la voce, dunque, nel silenzio che parla allo stupore  dello sguardo. Voce di parola affidata al deserto della pagina, per appagare le esigenze dell’erranza …

Tornano i giorni del lancio del peso/ a raggelare accasciata zavorra./Pendenze mascherate da colline/ o da strapiombi, a seconda del caso,//mimano di Sisifo il vecchio gioco/ – scosceso lui o il masso, poco importa./ L’androne non è porta, avverte loro/
ghigno, rifilando colpi di tacco.” (La caduta dei gravi).


Un’immagine di spirale che si avvita e scatta come un lampo in un turbine creativo che sboccia da gusci di parole. Ed è il lavoro dello sguardo a creare dubbi all’ascolto. Le parole sbocciano come gli artificiali fiori giapponesi, non obbligano a niente né fanno riflettere, vivono nel loro oscuro silenzio ammiccando all’ignoto …

Ho sognato stanotte/di un filo non più teso/a scongiurare il vuoto/
eterno agguato al gioco.//Già mi prefiguravo/lo slancio spensierato/
che affrontava di petto/ l’esito capovolto.” (Lapsus)

La poesia di Anna Maria Curci dispensa bellezza da una corda di basso, viaggia indietro trovando risposte che non cerca, “mentre la briglia abbandonata/ volge lo sguardo altrove.”
D’altronde, il senso della vita non è al di là di questo mistero che la sovrasta?


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