Angela Caccia:
lo strano piacere
del dubbio
di Bonifacio Vincenzi
Sguardi, odori, canti,
immagini, fantasie, stupori, pensieri e quella voce silenziosa che sboccia nel
biancore della pagina per farsi parola che rimane, che va oltre
i vincoli dell’appartenenza, pronta ad accendersi ad ogni carezza di
nuovi sguardi, nuovi mondi, nuovi destini. Specchi, specchi e ancora specchi
perché la vita della poesia è questo andare oltre l’immagine, è questo
ritrovarsi nella casa dei poeti dove
la persistenza del tempo si dilata perché da loro, come canta Emily Dickinson,
“sempre/ è fatto di tanti adesso,/ non è
un diverso tempo/ salvo per la sua infinità/e per l’estensione della sua casa.”
La casa di Angela Caccia,
in questa bellissima raccolta di poesia, Il
tocco abarico del dubbio (Fara Editore), “ è svegliarsi/ tra le coperte del mattino/ le più calde// fuori/ un
pigolio di pioggia/ il balbettio cadenzato/ nella pozza// i rami gocciolanti/
già carichi di notte/ pesanti d’acqua// il silenzio dei passeri/ l’umore mesto
delle foglie/ s’acquatta la lumaca/ la terra che allatta/ goccia a goccia.//
Dietro le palpebre/ in riflesso/il mio cosmo// il posto delle cose/ odori e
rumori di casa/l’angolo del pianto/ sulle pareti profili dinamici/ statici
pendono i ricordi//alle nebbie del fuori/ un piacere asciutto/ come una
chiarezza/ in un perimetro di tempo/ ho coltivato un campo a spaglio/… pare
buona la sementa.” (La casa)
Percezioni sensibili di
rara bellezza, il cuore colmo; in un attimo milioni di istanti rivivono nella
somma di tutti i sentimenti e nella forza generatrice della poesia.
Niente è più
impressionante, nella poesia di Angela Caccia, di questa sorpresa di fronte al
silenzio che parla, per cercare di colmare il vuoto infinito di tutte le età
che le appartengono.
Attorno a noi, l’invisibile.
Ma il nostro sguardo cerca nelle parole quella vita che è passata, quella vita
che riguarda tutti noi, diversa, ma nell’essenza, così uguale, così piena del
nostro essere altrove.
Dentro e fuori. In quanto
lettori possiamo muoverci all’interno della sua casa, avvicinarci magari all’angolo
del pianto dove il dolore sospeso
senza forma assilla il rimorso dei
vivi.
O, invece, riempire la
finestra per vedere scorrere le quattro stagioni: pioggia, pioggia e ancora pioggia, l’ammasso
di venti, le notti d’estate, le albe, i tramonti, il suono silenzioso della
neve …
Dentro e fuori mentre
negli strati del tempo il dubbio è uno strano piacere per nascondere
inquietudini e paure e andare avanti, con la propria vita, quella scomparsa e
quella ancora viva.
Alla fine ciò che Angela
Caccia chiede a se stessa, a coloro che le vogliono bene, ai suoi lettori è di
restare insieme al di là dei dubbi, al di là delle certezze che nessuno potrà
dare mai a nessuno, perché insieme … nell’ultimo
spicciolo di notte/saremo noi l’aurora/ gli occhi puntati ad est/ e il fiato corto.
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