Giulia Zandonadi:
“la poesia è un atto rivolto al tu”
di Bonifacio Vincenzi
Gli uomini e le donne del nostro
tempo sono esseri che gradatamente si stanno svuotando della loro umanità. È
un’esagerazione? Non credo. La forma delirante, che sembra aver colpito grandi
masse di persone, è destinata ad espandersi e non certo ad arretrare. Attacca
principalmente la solitudine degli individui con un paradosso e cioè
affollandola con degli eccessi di presenze e possibilità, tutte chiaramente virtuali.
È allucinante per una persona
fuori dal mio tempo quale ammetto ( con un certo orgoglio) di essere, vedere
giovani e meno giovani con lo sguardo costantemente incollato sui loro tablet.
Per non parlare dei cellulari, ormai ci si può fare tutto, volendo, anche telefonare.
C’è in atto sicuramente un
mutamento genetico della razza umana che, a mio avviso, di naturale ha ben
poco. Ho quasi l’impressione che sia cambiata la gestione occulta della vita sul
pianeta e che il nostro Dio sia, in qualche modo, in pericolo.
Eccesso di fantasie? Può darsi. Dopotutto viviamo nel tempo in cui ognuno può apparentemente interpretare la vita come gli pare, anche seguendo
percorsi in disuso come quello della logica, ammesso che ne abbia la forza e il
coraggio.
Questo strano preambolo perché mi
ha sorpreso questo nuovo libro di poesia di Giulia Zandonadi,Dialoghi con Buber, LietoColle,
2016.
Giulia Zandonadi è nata a Treviso
nel 1988, è quindi un’autrice giovane, molto giovane, figlia di questo tempo
che sta cambiando, e scoprirla così attratta dal pensiero di Martin Buber, oggi
è davvero sorprendente.
Ma chi è Martin Buber?
Martin Mordechai Buber è nato a Vienna nel 1878 e
morto a Gerusalemme nel 1965. È stato un filosofo, teologo e pedagogista austriaco
naturalizzato poi israeliano. È famoso per aver elaborato una prospettiva di
pensiero fortemente legata ai temi del dialogo e della relazione,
capace di aprire un mondo infinito e affascinante: il mondo della relazione,
appunto, e dell’incontro con il Tu.
Devo confessare che non amo molto
le famose “note degli autori” che ormai imperversano, all’inizio o alla fine, di
molti libri di poesie, note scritte per cercare di indirizzare il viaggio del
lettore direttamente su strade già immaginate e fortemente desiderate da colui
che scrive. Resto fedele, invece, al pensiero di Blanchot quando sosteneva che
il poeta scrive sì il libro, ma che sono poi i lettori a compierlo. Cercare di
indirizzare il lettore verso la “giusta” direzione lo trovo pretenzioso e anche
limitativo della libertà e della forza della Poesia. È un po’ come tagliare le
ali ad una farfalla e ammirarla nella sua agonia.
Tuttavia, sono rimasto colpito da alcuni passi della
nota della Zandonadi pubblicata all’inizio del libro. L’ho trovata diversa dalle
solite che sono abituato a leggere, molto vicina al suo sentire, al suo
essere. Scrive:
“(…)Vorrei riuscire a conoscere
di più il lettore, a interagire con lui: la poesia non è un’azione
autoreferenziale, ma è un atto rivolto al tu. Non un tu divino,
ma il tu del vicino di casa, dei genitori, del migliore amico, del
fidanzato: il tu è l’alterità, l’altra sponda del fiume da attraversare
per trovare il senso.(…)”
Per poi rafforzare alla fine questa visione buberiana con un
forte e sentito appello:
“(…)Voglio lanciare un appello,
voglio sentire le voci degli altri tu, voglio sentire la loro parola.
Vorrei poter lavorare con gli altri e rendere in poesia anche le idee e le
proposte altrui, dedicare loro un regalo. (…)”
Non c’è niente di esagerato in
tutto questo. C’è solo una certa urgenza di fare qualcosa per cercare di
frenare questa delirante esigenza di murarsi vivi nella propria innaturale e
affollata solitudine.
Quando poi si entra nel libro per
incontrare la sua poesia ci si rende davvero conto che Giulia Zandonadi è una
persona autentica e che la sua essenza viaggia anche nei suoi versi:
“È così difficile il tu. Ti addormenti/ senza conoscerlo, con/ la
paura di non raggiungerlo. Mai.// E non c’è presa di corrente/ che faccia
serpeggiare l’energia/ orizzontale di un volto.// Serve l’intersezione
verticale/ dell’acqua sovraccarica di pianto/ per colmare un’assenza priva di
rimorso.”
LietoColle
Nessun commento:
Posta un commento