Considerazioni ad alta voce:
LINGUA MATER di Angelo Gaccione
di Francesco Curto
Una
piccola grande opera (mi si passi l’ossimoro) ma soprattutto preziosa, l’ultima
fatica dell’instancabile scrittore Angelo Gaccione. Lingua mater, macabor
editore, una raccolta di poesie in dialetto acritano, con traduzione a fronte
dello stesso autore. La presentazione di Dante Maffia ci consegna un poeta che
ci porta in un viaggio che si compie in un tempo breve ma in uno spazio
immenso: la memoria L’introduzione di Maffia contiene inoltre alcuni strumenti
di aiuto necessari al lettore per meglio entrare in quel viaggio onirico che
svelano, a nostro avviso, quei suoni peculiari che questa lingua richiede.
Anche l’autore nell’ouverture ci prende per mano nella lettura per
accompagnarci dentro un mondo che sa tanto di antico ma così attuale anch’esso, così necessario per
la costruzione del proprio futuro: quel
tempo in apparenza morto ma invece vivo nella parola e in ogni momento (sempre) della vita di Gaccione.
Un viaggio che si dilata
in questo testo con una scrittura in versi così scarni ma carnali, come
rileva Maffia, un diario essenziale di ricordi pieni di dolore ma con
altrettanta voglia di riscatto. La lingua materna è la linfa vitale che permea
tutta l’opera di Angelo, forse inconsapevolmente; infatti, tutta la narrazione
letteraria del nostro ha in se sempre quel substrato che deriva dalla
dialettalità acritana. Nella prosa, nella drammaturgia, nella critica
letteraria e nell’impegno rigoroso e
puntuale quale giornalista. S’intravede nei versi persino la gestualità di
persone e animali e la vitalità delle
cose ormai in disuso. Condivido ancora con Maffia quando afferma che l’opera di Gaccione è pregna di calore
umano e siamo appunto in quella coralità che ha attraversato tutta l’opera, a
quell’impegno rigoroso verso questa umanità disumana, sempre attento alla voce
degli uomini senza diritti. La nota rilevante di questa raccolta è la figura
della madre che coincide con la madre
lingua. A lei si è allattato l’autore assorbendo carne e sangue, ma soprattutto
parole e linguaggio, fonte di vita e madre di parole. Entrambe essenza
indispensabile dell’esistenza umana. Ed ecco che nel vento c’è anche il dolore,
c’è però il suono di voci, i sapori e i profumi. C’è il paesaggio
interiorizzato e la casa che oggi esiste solo nella memoria. C’è la nostalgia
per tutto e di tutti. Ogni poesia è un microcosmo che si sedimenta nella mente
e si radicalizza nel cuore. Un bagaglio memoriale che anela sempre alle radici,
una voglia manifesta di un ritorno al ventre materno o nell’utero della propria
madre, dove tutto è stato concepito e da dove poi il mondo di Gaccione ha
affermato la sua esistenza. Un uomo, Gaccione,
che ha conosciuto la vita di povertà e sofferenza ma ricca di valori
autentici quali il rispetto per l’altro e per il pane sudato, La fatica per
sopravvivere alla violenza, l’impegno alla lotta per un mondo migliore, un
acuto letterato Angelo che da un
contributo rilevante con la sua attività
alla indifferenza di una società che oggi ha perduto il sogno e non ha
un progetto da consegnare alle generazioni future.
1 commento:
Ha esagerato il poeta Curto. Ma so che lo ha fatto perché mi vuole bene,
e dunque lo perdono. Grazie anche a voi per averlo ospitato.
Un saluto.
Angelo Gaccione
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